Ariel

A.A.A. OFFRESI

Sono soddisfatta.

Anzi, di più: tra i banchi dell’Università mi sento a casa, la secchiona che è in me gongola di soddisfazione tra slide e manuali, appunti, penne ed evidenziatori.

La sera, però, torno a casa stanca e molto spesso non mi preparo nemmeno da mangiare, tanto Davide e Ariel cenano dai miei.

Così preferisco passare un po’ di tempo  con loro, farmi raccontare la giornata da Davide, raccontare loro la mia, leggere un  libro ad Ariel.

Poi, quando finalmente si addormentano, carico una lavatrice, rassetto la cucina e, se serve, carico la lavastoviglie.

Ieri sera ero troppo stanca, ho avuto una settimana pesante, ho rinviato il tutto a stamattina. E… Sorpresa!

Ho trovato questo messaggio scritto dalla manina disprassica della Princess:

“Mamma ho scaricato e caricato la lavastoviglie”

Mi sono commossa.

Non perché ha scritto il messaggio, ovviamente sotto dettatura, ma perché la mia ragazza sta crescendo e, seppur lentamente, impara piccole autonomie  che sul lungo termine avranno risvolti estremamente positivi: è molto importante che lei continui ad esercitarsi nella scrittura, ma è altrettanto e, forse anche di più, essenziale che acquisisca competenze che le consentano di non dipendere completamente da altri e che le diano la possibilità di sentirsi gratificata. Ariel è in primis una ragazzina di 11 anni  e come tutti noi ha bisogno di  avere un buon livello di autoefficacia per poter raggiungere altri traguardi che la portino sempre più lontano da me, per quanto le sarà possibile.

La cosa più naturale del mondo è guardare le spalle di un figlio che va avanti nella vita e quindi sto già preparando l’inserzione per quando compirà 18 anni:

“A.A.A. offresi servizio di carico e scarico della lavastoviglie con inclusa preparazione di caffè Nespresso e pop corn in microonde svolto da ragazza autistica. Si garantiscono, precisione, puntualità e poche chiacchiere. Chiamare ore pasti per definire compenso e orario. Se dovesse chiedere della Coca-Cola come acconto sul pagamento, fingetevi morti.”

Ariel

Si cresce!

Qua si cresce a colpi di tazzine di caffè preparate a due a due, di pantaloni messi a rovescio, di panni bianchi divisi dai colorati, di bicchieri capovolti nella lavastoviglie.

Si diventa grandi indossando le ciabatte della mamma e usando il pennello delle tempere per sfumare la cipria immaginaria sul viso.

Le scarpe cambiano di numero dispari in numero dispari, i capelli hanno perso la bionda sfumatura dell’infanzia, la voce non più gialla sta prendendo calde sfumature brune.

Con jeans attillati, il giubbotto in pelle rosa e lo zainetto in pendant, è una mini me più determinata di quanto fossi io alla sua età.

Le carezze sono più lente, le richieste più decise, il passo in punta di piedi più lungo.

Non si accettano più i rimbrotti materni, ma si rimbecca in una lingua conosciuta solo a lei, ma che il mio cuore traduce.

Dorme abbracciata a me e io sorrido pensando alla Princess che sta diventando grande.

Rileggo i miei primi post e non ne rinnego nemmeno una parola: il dolore degli inizi,  la confusione della diagnosi, tutto mi ha portata a questo istante.

Sarebbe facile pensare alle difficoltà del futuro, crogiolarsi nel dolore di ciò che non sarà e di ciò che è stato perso, ma oggi preferisco, voglio pensare a quanto abbiamo conquistato giorno dopo giorno.

“Abbiamo”, non “ha”.

Nelle famiglie funziona così: il tuo problema diventa il mio, la tua difficoltà diventa la mia, la tua sofferenza è la mia, ma anche la tua gioia, i tuoi sogni, le tue aspettative sono i miei.

Sei cresciuta, siamo cresciute.

Giorno dopo giorno, chilometro dopo chilometro, lacrima dopo lacrima, sorriso dopo sorriso.

Princess, non so dove sarò domani, dove ci porteranno le nostre scarpe dalle bande colorate, ma so una cosa: ti aspetterò quando i tuoi passi saranno più lenti, cammineremo insieme fianco a fianco finché lo vorrai e, se sentirai l’urgenza di scattare in avanti, fallo!, ma ricorda che io ti guarderò sempre le spalle e che, se cadrai, correrò subito di fianco a te per incoraggiarti a riprendere il tuo cammino.

Qua si cresce a colpi di post lievemente intelligenti e densamente sciocchi, in un turbinio di emozioni gialle, azzurre, viola, blu e rosse dai contorni sempre più sfumati.

Ho riposto i bicchieri nello scaffale in alto che ho raggiunto a fatica: non ho più bisogno di cercare l’aspetto positivo delle situazioni, so che c’è e se non lo vedo è solo perché devo guardare meglio dentro di me; e se nonostante tutti gli sforzi oggi non riesco proprio a trovarlo, non significa che non lo potrò vedere domani.

Mentre la pioggia sferza il parabrezza un chilometro via l’altro, cresco un passo alla volta con la mia maestra che, assorta nei suoi pensieri, guarda le gocce scivolare lungo il finestrino.