Ho acquistato una rivista femminile: mi piace sfogliare quelle pagine colorate piene di abiti e scarpe e lasciare i pensieri vagare in un mondo fatuo di tulle e cipria, diete e ville hollywoodiane.
La sfoglio piano, leggo lentamente gli articoli, uno ad uno. Mi soffermo sulle foto degli attori, degli scrittori e immagino le loro vite. Guardo i vestiti e mi chiedo quali mi potrebbero stare bene.
C’è una lunga intervista a Elio Germano in cui presenta il suo ultimo film e parla della sua vita privata.
Emmbè?, direte voi, e a noi che ce ne frega?
Ce ne frega, ce ne frega…
Perché alla domanda: “Si riconosce almeno nella sua determinazione? [del personaggio che interpreta, ndr]”, il Signor Germano risponde quanto segue:
“Nell’ossessione direi, soprattutto quando lavoro. In un certo senso inventarsi un mondo che non c’è, relazioni che non si hanno, pensare che sei a letto con tua moglie o in stanza da solo a sognare, mentre di fronte a te vedi macchinari che si muovono, è roba da autistici e ossessionati.” (tratto da “F” nr. 47 del 28/11/2018)
Chiedo a tutti coloro che conoscono l’autismo e lo vivono quotidianamente: secondo voi quante persone autistiche ha incontrato il Signor Germano per giungere alla conclusione che siano in grado di “inventarsi un mondo che non c’è, relazioni che non si hanno”?
Le persone autistiche hanno un grande mondo interiore che a volte viene sottovalutato. Forse, in alcuni casi, possono travisare l’importanza di alcune relazioni, ma questo perché nella maggioranza dei casi hanno pochi amici e si affezionano a chi presta loro attenzione. Sono persone concrete, spontanee, che difficilmente sanno fingere o inventarsi un intero mondo fantastico.
Amo la concretezza, l’istintività e la complessità delle persone autistiche: Ariel è una bambina autistica grave, non verbale, ma è anche la persona più spontanea, pulita ed incorruttibile del mondo. In questi giorni è stata ricoverata per alcuni accertamenti ed è stato difficilissimo relazionarsi con lei, perché non riusciva ad interpretare quello che stava succedendo. Se avesse avuto la capacità di “crearsi un mondo che non c’è” forse avrebbe potuto affrontare diversamente quell’esperienza, vivendo in un universo parallelo per alcuni giorni, anziché cicatrizzarla per sempre nei suoi ricordi.
A questo punto chiedo al Signor Germano e alla Direzione del magazine “F”: non avete pensato che noi mamme autistiche siamo donne che leggono anche questo tipo di rivista e che soffriamo ogni qualvolta i nostri figli vengono tirati in ballo come esempi delle brutture del mondo? Era proprio necessario parlare di autismo dandone per l’ennesima volta una connotazione negativa? Non era possibile modificare o tagliare quella parte?
E comunque: se proprio dovete parlare o scrivere di autismo, prima documentatevi!