Distesa a terra sul selciato sporco, scalcia e si tira pugni in testa. Il viso deformato dal dolore e dalla rabbia. I passanti ci guardano, alcuni con diffidenza, altri con paura, la maggior parte con riprovazione.
Cosa ne sanno loro della nostra fatica quotidiana? Cosa ne sanno dei dolori a braccia, dita e gomiti a forza di calci presi da lei in questi momenti? Cosa ne sanno dei graffi, dei dolori ai denti per le testate? Cosa ne sanno delle lacrime versate ogni notte, mentre il futuro si fa sempre più buio e difficile? Cosa ne sanno dei risvegli con le unghie conficcate fino a far sanguinare i palmi delle mani?
Ariel è una bambina autistica di quasi 8 anni, gravissima, non parla e comunica poco. Non le interessa giocare, passerebbe le giornate a guardare mille volte gli stessi 10 secondi dello stesso cartone. Ha il sonno leggero, spesso si sveglia nel cuore della notte e cerca parole, suoni che di giorno non trova. Ama Baloo con il quale sta creando una buona relazione: è l’unico rapporto in cui lei riesce ad avere lo stesso livello di interazione dei suoi coetanei. Agli ultimi test hanno rilevato un leggero ritardo cognitivo, ma ha imparato a scrivere ad usare il portatile da sola, sa sbloccare la password e scrivere altre piccole parole. Quando bacia, non fa lo schiocco, ma ti abbraccia con dolcezza e forza, come se da quel bacio dipendesse tutta la sua vita. Sorridendo arriccia il naso e mostra una fila di denti buona solo per convalidare i biglietti dei treni.
Ariel è Ariel.
Ogni persona autistica è diversa dalle altre persone autistiche.
Ogni persona neurotipica è diversa dalle altre persone neurotipiche.

Siamo tutti unici, siamo tutti diversi.
La normalità non esiste.
Ariel è Ariel, un piccolo fiocco di neve che volteggia leggero ad un ritmo a tratti lento, a tratti veloce, ma sempre unico.
