Lo confesso: sono portatrice sana di albero di Natale.
Adoro le feste di Natale, le luci, gli addobbi, le candele, il profumo di cioccolata, cannella e vin brulè: per me il Natale è uno stato dell’anima, non un periodo dell’anno.
Così a fine febbraio, Pino fa ancora bella mostra di sé in taverna, circondato dalle lucine che addobbano la finestra.
Ogni volta che gli passo davanti, gli strizzo l’occhio e lo avverto: “Pino, un giorno vengo qua e ti smonto!”
Lui sa che scherzo: l’abete è un sempreverde e in quanto tale va bene in tutte le stagioni! Giovedì toglierò le palline e metterò le mascherine, poi le uova di Pasqua, le bandiere del 2 giugno, secchielli e palette per Ferragosto, fiori di crisantemo ed infine, di nuovo, gli addobbi natalizi.
L’unica cosa che non toglierò saranno le lucine: quando sono stanca e triste, scendo in taverna, le accendo e, guardando Pino letteralmente illuminato a festa, cerco in me la gioia del primo Natale da mamma, quando Davide era un cucciolo di pochi giorni. Ripenso alla fatica delle notti in bianco, alla paura di sbagliare, allo stupore di avere una creatura che dipendeva totalmente da me, ai suoi occhi cinesi che sbirciavano dentro al mio cuore. Ripenso al primo Natale con Ariel, lei vestita da folletto, il ciuffo rosso che le spioveva sugli occhi azzurri, il sorriso storto, tanto simile al mio. Ho avuto 3 meravigliosi Natali da mamma. Tre Natali in cui tutto era ancora possibile e io non conoscevo la parola autismo. Poco prima del quarto Natale abbiamo avuto la diagnosi e da allora il Natale non è più stato libero da preoccupazioni, ansie e aspettative disattese.
Ecco, il difficile compito di Pino sarà quello di ricordarmi che per me Natale non è il 25 dicembre, ma il giorno in cui Ariel mi chiamerà “Mamma” per la prima volta. Fino ad allora per me sarà sempre la Vigilia, un giorno di attesa e di speranza.
E oggi il bicchiere… Ops… La bottiglia era mezza piena di Bayles per brindare ad una taverna congelata in un eterna vigilia di Natale.
Cheers!