Mettetevi comodi: non sarรฒ breve. Ho mille pensieri per la testa e sto cercando di acchiapparli con il mio immaginario retino con le maglie piรน strette di quello che usavo da bambina visto che non sono mai riuscita a prendere una farfalla.
Il 3 aprile di 7 anni fa scrissi il mio primo post sullโautismo.
Ricordo ancora tutto perfettamente: Luca aveva la notte e io ero a letto con Ariel e Davide, stretti a me, mentre combattevo contro le mie emozioni ed i miei pensieri. Era un post semplice, scritto con il cellulare e senza alcuna etica, ma con tanto amore, quellโamore che spesso viene sbandierato come la carta multicolore di Uno: quella che cambia il corso del gioco e spesso usata per coprire gli errori fatti durante le mani precedenti. Lโamore รจ come la neve: rende tutto piรน bello, anche un cumulo di letame, ma appena si scioglie, torna la sostanza puzzolente e schifosa che realmente รจ. Quante donne vengono uccise in nome dellโamore? Quante errori facciamo noi genitori? Migliaia e della maggior parte di essi nemmeno ci rendiamo conto. Ma su questo punto tornerรฒ dopo, perchรฉ questa riflessione ad un certo punto si biforca.
Dicevamo, 7 anni fa con il mio primo post scritto piangendo, comunicai al mio piccolo la mondo la condizione di Ariel: da diverso tempo le persone mi fermavano per strada per chiedermi sue notizie avendo capito che quella bambina era diversa da tutti gli altri bambini del paese. Giร , perchรฉ Ariel รจ stata la prima bambina diagnosticata autistica nel Comune, abbiamo pure questo primato! Decisi di renderlo pubblico, contando sulla rete della comunitร che si strinse a noi con tanto affetto e partecipazione. Molte persone, una volta saputa la diagnosi, non mi chiesero piรน nulla e tornarono ad ignorarci come prima, altre iniziarono ad osservare Ariel cercando di trovare le differenze rispetto ai nipoti, la maggior parte iniziรฒ a fare domande per capire come aiutarci e pensai di continuare a scrivere di Ariel per farla conoscere a chi la incontrava tutti i giorni e non capiva, perchรฉ non parlasse, non salutasse, non li guardasse negli occhi: 7 anni fa lโautismo era meno conosciuto di adesso, molto meno.
Da qualche parte ho letto che le nostre cellule si rinnovano ogni 7 anni, quindi posso dire che, avendo 46 anni, sono a metร del mio settimo restyling biologico. Con la mente, invece, le cose funzionano diversamente: ciรฒ che sono oggi รจ la sommatoria di tutte le mie esperienze passate, dei dolori, delle gioie, delle brusche fermate e delle ripartenze stentate, di ogni post inneggiante a bicchieri mezzi pieni con i quali cercavo disperatamente lโaspetto positivo delle situazioni piรน difficili.
Oggi ho cambiato prospettiva su molte cose, ho appreso che quando mi illudo di insegnare, in realtร sto imparando, che per non venire schiacciata dal peso delle giornate nere devo fare tesoro di quelle verdi, gialle, azzurre, viola; a lavorare, sรฌ, sulle difficoltร , ma a spingere sulle propensioni personali, ad amare Ariel per chi รจ e non per chi immaginavo sarebbe stata: in fondo so che Ariel รจ autistica da quando aveva due anni e mezzo e il mio percorso con la Ariel diagnosticata รจ decisamente piรน lungo di quello con la Ariel sognata.
In questi anni ha imparato a leggere, a contare, a scrivere con il computer, a saltare, a chiedere โCoโฆCaโ, โPi-zaโ, a fare la doccia e a lavarsi i denti, a vestirsi, ad apparecchiare, a preparare il caffรจ e i popcorn, a indicare per richiedere e a seguire lo sguardo condiviso guardando il dito e arrivando fino allโaeroplano.
Io ho imparato a guardare la luna e non il dito, a dare importanza alle piccole conquiste e a soffrire di meno per le grandi sconfitte, maโฆ la strada che devo fare su me stessa รจ ancora lunga.
Non sogno piรน la sua voce gialla che mi chiama โmammaโ e per lโequilibrio delle mie giornate รจ meglio cosรฌ: tanto dolce era il sogno, tanto doloroso il risveglio.
Lo so, lo so, Ariel lo dice milioni di volte al giorno usando altri sistemi comunicativi, ma non รจ la stessa cosa. Chi lo dice con leggerezza, come se fosse la medicina, non sa e non capisce: non lโha mai vista cercare di parlare e arrabbiarsi per la sua incapacitร o andarsene a testa bassa e spalle curve, schiacciata dal peso del suo fallimento.
Le parole sono importanti, ma a volte non sono sufficienti e minimizzare le sofferenze altrui รจ un gioco molto pericoloso: prima o poi gli altri siamo noi.
Nel famoso articolo โNon piangete per noiโ, Jim Sinclair afferma che:
ยซโฆ questo dolore non deriva dall’autismo del bambino in sรฉ. Si tratta di dolore per la perdita del bambino normale in cui i genitori avevano sperato e che avrebbero dovuto avere. Gli atteggiamenti e le aspettative dei genitori, e le discrepanze tra ciรฒ che si aspettano i genitori dei bambini a una particolare etร e di sviluppo dei propri figli, causa piรน stress ed angoscia che le difficoltร pratiche della vita con una persona autisticaยป[1].
Ebbene non รจ sempre cosรฌ. Quando un genitore soffre, non lo fa sempre per quello che ha perso, mettiamocelo bene in testa: preferirei stare male io, piuttosto che vedere lei sconfitta. A volte un genitore soffre, perchรฉ il figlio sta soffrendo. I genitori patiscono per i figli indipendentemente dal loro funzionamento neurobiologico: soffro per Ariel quando cerca di parlare o durante uno meltdown; soffro per Davide quando piange di solitudine. I genitori delle persone autistiche non piangono solo per ciรฒ che non sarร , ma anche per la solitudine (loro e dei figli) del presente, per lโincertezza del futuro.
Condivido questo passaggio:
ยซGuardate il vostro bambino autistico qualche volta, e prendetevi un momento per dirvi chi non รจ quel bambino. Pensate tra voi: “Questo non รจ il figlio che avevo aspettato o pianificato. Questo non รจ il bambino che ho aspettato per tutti quei mesi di gravidanza e tutte quelle ore di travaglio. Questo non รจ il bambino per il quale avevo fatto tutti quei piani e con cui avevo pensato di condividere tutte quelle esperienze. Quel bambino non รจ mai venutoโ. Quindi andate a versare tutte le lacrime avete da versare – lontani da quel bambino autistico – e imparate a lasciar andare.ยป
Non apprezzo, invece, la narrazione dellโalieno, sebbene capisca che sia solo una parte del paragrafo successivo il cui messaggio รจ fondamentalmente: ritarate il vostro stile comunicativo, ascoltate e interagite senza pregiudizi, lottate e mediate per vostro figlio. Cito:
ยซDopo che avete iniziato a lasciar andare quella sensazione, tornate indietro e guardate nuovamente vostro figlio e dite a voi stessi: “Questo non รจ il bambino che aspettavo e pianificavo. Questo รจ un bambino alieno che รจ atterrato nella mia vita accidentalmente. Non so chi sia questo bambino o chi diventerร . Ma so che รจ un bambino, intrappolato in un mondo alieno, senza genitori della sua specie che possano occuparsi di lui. Ha bisogno di qualcuno che ne abbia cura, che gli insegni, che interpreti e lotti per lui. E poichรฉ questo bambino alieno รจ atterrato nella mia vita, รจ mio compito se lo voglio.ยป
Ariel non รจ unโaliena, รจ mia figlia, non รจ di una specie diversa. Lโamore che provo per lei, quello sano, non quello malato della neve e del letame, mi ha dato la forza di vivere quando pensavo che non ci sarebbe stato futuro e mi dร il coraggio di espormi qua, con voi, mettendo a nudo i miei pensieri, la mia fatica, le mie gioie e i miei dolori, per farvi conoscere la Princess e creare un mondo che la ami e la apprezzi per la bambina splendida che รจ, non sulla base di tabelle di neurosviluppo tipico.
E anche se non parla, la nostra comunicazione รจ fatta di baci, abbracci, sguardi, movimenti di mani, di vita condivisa, di cui 9 mesi in reale simbiosi. Ariel non รจ unโaliena atterrata accidentalmente nella mia vita. Ariel, come Davide, รจ la mia ragione di vita e confesso che a volte รจ piรน facile capire i suoi silenzi di quelli del fratello neurotipico.
Interpretare il rapporto genitori-figli solo sulla base del funzionamento neurobiologico รจ una semplificazione eccessiva e la retorica dellโextraterrestre, come quella della bolla, creano una visione fuorviante dellโautismo.
Amo Ariel, in questi 7 anni รจ decisamente piรน quello che ho imparato di quello che ho insegnato e continuerรฒ a prestarle la mia voce, finchรฉ avrรฒ forza. Se alcuni non sono dโaccordo, peccato!, se ne dovranno fare una ragione, ma questa รจ unโaltra storia.
Ora vado da lei e la stringerรฒ forte aspettando il momento in cui aprirร i suoi meravigliosi occhi chiari e, sorridendo, mi dirร โTi voglio bene, mammaโ. Ovviamente a modo suo.
[1] Titolo originale: Donยดt mourn for us di Jim Sinclair. Traduzione e adattamento di David Vagni. http://www.spazioasperger.it/index.php?q=testimonianze&f=11-non-piangete-per-noi