Parlo molto con Ariel, da sempre. Le racconto la mia giornata, le spiego quello che sto cucinando, la elogio e la rimbrotto.
SÌ, insomma, faccio una cosa che taluni all’inizio non comprendevano: la tratto da persona della sua età. Purtroppo è molto facile scadere nel “bambinismo” con chi ti guarda e apparentemente risponde solo con un SCÌ o con un gesto della mano.
Un occhio attento e amorevole, però, coglie molto, forse tutto: Ariel parla con lo sguardo e con il corpo. Tutti noi lo facciamo e il linguaggio non verbale è sempre il più sincero. Nonostante gli sforzi immani a cui si sottopone, la mia biondina dice solo alcune parole, ma comunica con tutta se stessa.
Martedì, mentre le facevo le classiche raccomandazioni da mamma – non fare arrabbiare, comportati bene, cammina senza protestare, ubbidisci, divertiti! – mi guardava con la stessa espressione che ti aspetteresti da una bambina di dieci anni: annoiata, ma quando le ho detto “Ti voglio bene, ragazzina!”, la Princess si è alzata e mi ha abbracciata forte mormorando ” CCH’IO!”.
Autismo non vocale non significa non comprensione o non comunicazione, ma incapacità di parlare e a volte le parole sono davvero inutili.

Parole sante.
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