Il mondo intorno a noi

I muri

Rieccoci qua, te ed io abbracciate a vegliare l’universo che dorme, rimbocchiamo cuori e anime e intanto pensiamo, calcoliamo, salviamo il mondo o lo distruggiamo con un colpo secco.

Una mia amica, di quelle che, sorridendo, le persone definiscono “di sempre”, mi ha chiesto se mi avrebbe fatto piacere leggere qualcosa alle sue classi in occasione de “Un libro lungo un giorno”.

Tema: i muri.

Ho dovuto declinare l’invito, perché io il venerdì lo trascorro in automobile, tassista money free dei miei figli, rimbalzando come una pallina del flipper tra l’est e l’ovest, il nord e il sud.

Però ci ho pensato a lungo in questi giorni e in questa notte che pare non avere fine.

Cosa potrei leggere io sui muri?

Non sono abbastanza colta, non ho una formazione classica per conoscere i filosofi, né gli autori più difficili, quelli che si leggono con il vocabolario di fianco e con i periodi lunghi come la Via Crucis in Vaticano.

Eppure dovrei essere un’esperta di muri: mio padre e mio fratello sono artigiani edili e dei muri hanno fatto il loro pane quotidiano; una me adolescente in vacanza osservò i cirri passare nel cielo fatto a brandelli dal filo spinato, brutto orpello di cinta che rinchiudevano esseri umani la cui unica colpa era la religione; nel 1989 ero incollata davanti alla televisione per vedere il crollo del muro cheloide che sfregiava una città dividendola in due; nel 2001 piangevo davanti alle immagini delle facciate incendiate delle Torri, mentre esseri umani si lanciavano nel vuoto, ché volare è meglio che bruciare.

La verità è che non so niente, io, di muri: riesco al massimo disegnare una casa con quattro pareti e un tetto rosso da cui esce un grigio filo di fumo.

Conosco, però, molto bene quelli della mente, costruiti giorno dopo giorno e pressoché impossibili da abbattere. Sono fatti di tutti i “no”, i “forse”, i “ma”, i “può darsi”, i ” tu che ne sai?”, i “scema”, i ” stai zitta” incassati con la difesa abbassata, finché ho imparato a non chiedere, a non dire, a fare da sola.

Così me ne sto qua, nella mia torre, Raperonzolo senza trecce, a guardare quello che succede e a cercare la forza per scendere.

Ancora una volta.

Solo per loro.

Il sole oggi è sorto grigio, trasparente come albume, la testa piena di una melodia che rimbalza in in circolo vizioso interrotto da una parola inafferrabile e ho capito.

Se avessi potuto partecipare, non avrei portato un brano, bensì una compilation dedicata alla libertà di poter scavalcare i muri che ci affliggono, siamo essi fisici o psicologici, materici o astratti, perché a volte la musica arriva nei meandri preclusi alle parole.

Gaza Girl di Banksy

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