Il mondo intorno a noi

Papaveri rossi e bianchi

Dovrei studiare e invece eccomi qua a ribadire l’ovvio: non è vero che il motto “che se ne parli bene o che se ne parli male, l’importante è che se ne parli” è sempre valido. Soprattutto se si tratta di disabilità. Soprattutto se ci si nasconde dietro alla buona fede per rifiutarsi di aprire un confronto costruttivo, perché “io lo faccio a fin di bene!”

Uno degli slogan di cui tutti si riempiono la bocca è “niente su di noi senza di noi”, ma, appena una persona con disabilità o un suo familiare dissente, viene zittita.

Mi ero ripromessa di non tornare più sulla spinosa questione dei calzini spaiati: ognuno faccia ciò che crede, però con la cognizione che non è così che si aumenta la consapevolezza sulla diversità e che una narrazione etica non può prescindere dall’autodeterminazione delle persone coinvolte. Se le persone con disabilità e le loro famiglie non si riconoscono in questa giornata, la loro volontà va rispettata.

In questi anni intere classi hanno indossato i calzini spaiati credendo di essere inclusivi e poi:

  1. Il compagno è stato fatto trasferire, perché non riusciva a gestire le crisi etero-aggressive;
  2. La compagna non è stata invitata alla festa di compleanno, perché “dovrebbe essere rinchiusa in manicomio” (citazione letterale);
  3. La famiglia è socialmente isolata, poiché non può partecipare alle diverse iniziative. A volte è impossibile anche mangiare una pizza al ristorante, poiché il bambino non ha sufficienti tempi di attesa o perché l’ambiente è troppo rumoroso;
  4. Il compagno con la mamma distratta è andato a scuola con i calzini uguali e non è stato inserito nella fotografia di gruppo, perché era troppo intonato nella giornata della diversità.

Lo confesso: a me non piace che Ariel venga paragonata ad un calzino spaiato, perché lei di spaiato non ha assolutamente nulla e francamente dopo tutti questi anni sono convinta che è finito il momento di parlare di inclusione ed è arrivato il momento di FARE inclusione.

Scopro, invece, che le maggiori barriere le costruisce chi dovrebbe essere un facilitatore.

In poche parole: mettetevi pure i calzini spaiati oggi, ma solo se domani invitate il “calzino” alla festa di compleanno, altrimenti lasciate perdere ché non abbiamo bisogno di sentirci ulteriormente discriminati e soli.

E pensare che la diversità in natura è la cosa più normale del mondo e i papaveri rossi non fanno la giornata dedicata ai papaveri bianchi: coesistono. Semplicemente.

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Ariel · Il mondo intorno a noi

Oggi non è aria

Primo giorno dell’esame di maturità.

Molti studenti non lo affronteranno mai a causa di un processo di inclusione e formazione non adeguato alle loro caratteristiche personali.

Alcuni studenti lo svolgeranno con strumenti compensativi e misure dispensative, altri affiancati dall’insegnante di sostegno.

Per la maggior parte dei ragazzi, esso porterà al diploma e aprirà le porte al mondo del lavoro o all’Università; ad altri verrà concesso un attestato di credito formativo e da settembre il loro futuro sarà ancora più in certo.

Ariel difficilmente arriverà alla fine della Scuola Secondaria di Secondo Grado: troppe difficoltà personali le impediscono di progredire come potrebbe. Se non fosse ipersensoriale, se non fosse eccessivamente rigida, se non fosse incapace di chiedere aiuto, se sapesse parlare…

Se, se, se…

Di anno in anno, macché dico!, di settimana in settimana ritaro le mie aspettative sul suo futuro. Sì, aspettative, perché anche noi genitori di persone disabili abbiamo delle aspettative per loro e su di loro: non averle significherebbe non avere fiducia nelle loro capacità e ritenere la loro vita meno degna di altre.

E ogni volta che i nostri figli raggiungono un nuovo obiettivo, gioiamo ed esultiamo come se avessero vinto il Nobel per la Matematica, invece, magari, a 10 anni dicono solo “mamma” per la prima volta. Ma quel “mamma” ha richiesto più lavoro e studio e costanza di una laurea in astrofisica nucleare.

E ogni volta che i nostri figli fanno un passo indietro e perdono abilità o non le raggiungono, noi siamo comunque lì a fare il tifo, ché non si piange davanti a loro: noi sappiamo che non vanno sottovalutati, che comprendono e percepiscono molto di più di quanto la gente pensi.

Appena diagnosticata, leggendo Temple Grandin, Jim Sinclair, Donna Williams e attaccandomi con le unghie e con i denti alle diagnosi postume di taluni personaggi famosi, mi ero illusa che Ariel avrebbe recuperato il gap che la separava dai coetanei. Sì, ok, avrebbe avuto un funzionamento diverso, avrei imparato come relazionarmi a lei e le avrei fatto da cuscinetto sociale, ma avrebbe avuto una vita piena e autonoma.

Con gli anni, invece, ho capito che ogni persona autistica segue un proprio percorso di sviluppo e autonomia e che quello di Ariel era ben diverso da quello delle persone di cui avevo tanto letto.

Non mi sono arresa, anzi, ho intensificato i miei sforzi per cercare di capirla e di esserle di supporto, ho adeguato la mia vita alla sua.

A 2 anni la sognavo ingegnere, oggi sono consapevole che i suoi titoli di studio non hanno valore per la società, men che meno per lei. E quindi…

Chissenefrega se non farà mai l’esame di maturità, ciò che conta è che lei trovi un po’ di pace. Mi piacerebbe che finisse le scuole secondarie, questo sì, perché significherebbe aver creato un buon progetto di inclusione per lei dandole la possibilità di stare con i coetanei, ma adesso, ora, ho altre priorità.

In questo momento sogno per lei un’intera settimana di serenità, senza dolore, senza ansia, senza crisi, senza autolesionismo, senza solitudine.

Oggi, giorno 22 giugno dell’Anno Domini 2022, vorrei che non si facesse più male e che avesse la forza e la capacità di aiutarmi a capirla, sorridendo come solo lei sa fare, ridendo come non fa più da troppo tempo.

Non pubblico video o fotografie delle crisi autolesioniste di Ariel, perché la sua dignità va preservata, ma chiedo rispetto a gran voce per la Princess e per tutte le persone come lei, non minimizzando le loro difficoltà: se la diagnosi è di disturbo dello spettro autistico significa che è l’autismo la causa principale di disabilità, non le comorbidità. Altrimenti la diagnosi sarebbe di Disabilità Intellettiva con tratti autistici. E non parlatemi di ICF etc etc perché oggi non è aria: qui la società e le barriere non c’entrano nulla. Non è la società che le fa partire l’ipersensorialità in camera sua al buio mentre fa ciò desidera. Non ci sono barriere nella doccia, nessuno le impone di guardare il medesimo frame di cartone animato all’infinito. Grazie.

Il mondo intorno a noi

Come le foglie

Dovrei raccogliere le foglie, invece mi perdo in esse.

Ognuna è diversa per forma e colore, fiera dell’autunno, una scricchiolante armonia di gialli, rossi, arancioni, marroni ..Crac, ciaf, crac, ciaf…

Cammino… crac, ciaf, crac, ciaf… e lancio la palla a Baloo che la afferra al volo alzando una coltre marrone e mi godo il momento: noi due e milioni di sfumature calde ad avvolgerci.

Questa splendore, praticamente un quadro in  4D, è dovuto alla diversità, al fatto che non esiste foglia simile ad altra e mi chiedo: perché noi esseri umani dobbiamo urlare al mondo che siamo tutti uguali, quando ciò che ci rende unici è la diversità?

La diversità ci arricchisce, ci dà modo di confrontare esperienze e vissuti, di crescere, di evolvere.

Purché ci sia rispetto e amore.

Non siamo tutti uguali, siamo tutti diversi e questo è meraviglioso.

Le foliage chez moi
La mamma "autistica"

Insegnando si impara

Ho imparato molto quando credevo di insegnare e quel poco che so si è moltiplicato a dismisura.

Ho imparato ad aspettare, ad osservare, ad adattare, ad amare le incertezze, ad applaudire le conquiste, a spronare le difficoltà, ad accogliere un modo diverso di fare la medesima cosa senza imporre il mio, a guardare il futuro con gli occhi di chi lo vivrà e a narrare il mio passato come se fosse una fiaba.

Ho appreso che gli errori non sono la fine del mondo, ma l’inizio di nuovo percorso e che non determinano il valore di una persona.

Ho imparato ad essere indulgente con chi sbaglia.

Anche con me stessa.

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P.S.: non sono un’insegnante, bensì solo una mamma, ma a volte il confine è davvero sottile… Almeno nel mio piccolo mondo…

Una maestra che insegna ad un’alunna svogliata come si fanno i puzzle
Il mondo intorno a noi

La Giornata dei Calzini Spaiati – The Day After

Ora che la giornata è passata e il divertimento è finito, tutti tornano a conformarsi alle coppie di calzini uguali.

E a questa montagna qui sotto chi ci pensa?

Soprattutto ai calzini da adulto: per alcuni potrebbero non esserci più le mani di mamma ad appaiare colori, dimensioni, tessuti per aiutarli ad inserirsi nel mondo.

Le “Giornate di…” sono perfette per sollevare le problematiche, ma inutili se l’attenzione dei molti si apre e si chiude nell’arco di 24 ore.

Non ho nulla contro questa giornata in particolare che è stata ideata a 20 km da casa mia, ma ha decisamente fallito il giorno in cui una bambina autistica e gravemente disprassica ha colorato con le sue mani dei pensieri di Natale, tutti diversi, tutti spaiati e solo una persona tra tante ha colto la fatica che stava dietro a quel lavoro.

Quindi, oggi tornate pure ai vostri calzini conformi alla norma, io continuerò a rincorrere la mia Princess scalza.

Il mondo intorno a noi

Candele

Mi sveglio di soprassalto con il boato del tuono e i vetri della finestra che tremano. Il vento sferza gli alberi, la pioggia scroscia violentemente, i fulmini rischiarano a giorno il buio delle prime ore del mattino.

Mi trascino in bagno e scopro che siamo senza corrente elettrica.

Recupero, quindi, tutte le candele che ho in casa e le accendo una ad una. Sono tutte diverse, bianche, rosse, alte, basse, ma tutte emanano luce e la loro unicità rende l’insieme dinamico e divertente.

Anni fa qualcuno disse che Ariel è una lucina spenta e io risposi che si sbagliava di grosso, che Ariel è la stella più luminosa del firmamento.

Anch’io sbagliavo: Ariel non è una lucina spenta, non è nemmeno una stella cometa, ma un’eterea luce diffusa.

Ognuno di noi è una luce, ma da soli non abbiamo sufficiente forza. Tutti insieme, invece, possiamo rischiarare una stanza oscurata dal temporale.

Per migliorare il mondo, non dobbiamo essere tutti uguali, ma comprendere che ciò che è diverso da noi non è “meno”, ma che, anzi, apporta nuove prospettive e punti di vista, arricchendo la nostra vita di altre esperienze.

La diversità è come la bellezza: sta negli occhi di chi guarda e quindi, prima o poi, tutti noi siamo stati, siamo o saremo visti come i diversi, gli “strani”, la minoranza che si discosta dalla norma.

Il temporale è finito, la luce del giorno inizia lentamente a rischiarare la camera in cui la Princess sta ancora dormendo. La guardo sorridere nel sonno e mi chiedo cosa stia sognando.

Appoggio la tazza di caffè sulla cassettiera, soffio sulle candele che liberano tanti sottili fili di fumo e mi stendo vicino ad Ariel, la mia principessa del vento.

La stringo forte e, pensando che la mia lucina ha un buonissimo profumo di argan, scivolo nuovamente nel sonno.

Le candele accese durante il temporale

P. S.: considerato il mio attuale stato d’animo, ovviamente il lumino da cimitero sono io 