Mi sveglio di soprassalto con il boato del tuono e i vetri della finestra che tremano. Il vento sferza gli alberi, la pioggia scroscia violentemente, i fulmini rischiarano a giorno il buio delle prime ore del mattino.
Mi trascino in bagno e scopro che siamo senza corrente elettrica.
Recupero, quindi, tutte le candele che ho in casa e le accendo una ad una. Sono tutte diverse, bianche, rosse, alte, basse, ma tutte emanano luce e la loro unicità rende l’insieme dinamico e divertente.
Anni fa qualcuno disse che Ariel è una lucina spenta e io risposi che si sbagliava di grosso, che Ariel è la stella più luminosa del firmamento.
Anch’io sbagliavo: Ariel non è una lucina spenta, non è nemmeno una stella cometa, ma un’eterea luce diffusa.
Ognuno di noi è una luce, ma da soli non abbiamo sufficiente forza. Tutti insieme, invece, possiamo rischiarare una stanza oscurata dal temporale.
Per migliorare il mondo, non dobbiamo essere tutti uguali, ma comprendere che ciò che è diverso da noi non è “meno”, ma che, anzi, apporta nuove prospettive e punti di vista, arricchendo la nostra vita di altre esperienze.
La diversità è come la bellezza: sta negli occhi di chi guarda e quindi, prima o poi, tutti noi siamo stati, siamo o saremo visti come i diversi, gli “strani”, la minoranza che si discosta dalla norma.
Il temporale è finito, la luce del giorno inizia lentamente a rischiarare la camera in cui la Princess sta ancora dormendo. La guardo sorridere nel sonno e mi chiedo cosa stia sognando.
Appoggio la tazza di caffè sulla cassettiera, soffio sulle candele che liberano tanti sottili fili di fumo e mi stendo vicino ad Ariel, la mia principessa del vento.
La stringo forte e, pensando che la mia lucina ha un buonissimo profumo di argan, scivolo nuovamente nel sonno.

P. S.: considerato il mio attuale stato d’animo, ovviamente il lumino da cimitero sono io