Ognun al sint al sô mâl.
Aveva ragione la Nonna: ciascuno di noi sente il proprio dolore e lo reputa il più forte, un’esclusiva tutta nostra da poter rinfacciare al mondo come una rivalsa.
In un periodo brutale come questo, cerco di evitare i social farciti di post e commenti che nulla hanno a che fare con il quotidiano in casa Apollonio.
Invidio i commenti di chi cerca l’ennesima idea per arginare la noia, perché la noia io non me la posso concedere. Nonostante tutto l’impegno che ci metto, ogni mattina mi ritrovo esattamente a fare le medesime pulizie, novella Penelope della scopa e dello straccio, con un occhio perennemente puntato su Ariel. Appena mi giro un attimo, combina disastri di proporzioni disumane. Tempo di girare la testa e si sta masticando il tappo del pennarello. Venerdì, mentre preparavo i popcorn a Davide, ha sfondato lo sportello dell’asciugatrice e, sapendo di averla fatta grossa, lo ha nascosto nella doccia (alla faccia della proverbiale onestà delle persone autistiche). Intenta a capire se l’amato elettrodomestico fosse riparabile, sento un tonfo poderoso: in cinque minuti Ariel ha ribaltato la cassettiera della camera matrimoniale. Poteva finire molto male, evidentemente la Nonna a cui avevo appena finito di gettare uno sguardo su di noi, l’ha protetta.
Se si sommano l’ansia di Davide e la paura che mi attanaglia ogni volta che vedo arrivare una telefonata da Luca, la misura è colma: qua la noia è bandita, non ha alcun diritto di accesso tra queste quattro mura.
Mi fanno sorridere i post di coloro che parlano della strepitosa capacità di adattamento dei ragazzi autistici a questa situazione: vorrei capire a quali statistiche si riferiscono, perché Ariel non si sta adattando proprio per niente e so per certo che non è l’unica. Mi consegna la cartina della SPIAGGIA e piange per ore perché vuole uscire. Non c’è strutturazione che tenga, non c’è X rossa sulla cartina che tenga, non c’è storia sociale che tenga. Lei vuole la sua vita, lei rivuole le sue routine. Gira per casa con il vecchio planning settimanale dove ha attaccato le cartine di SCUOLA e ELENA (l’educatrice che la segue a casa). Le faccio rispettare la nuova pianificazione, fa i compiti e vivaddio che ci sono, altrimenti avremmo entrambe passato le giornate a tirare testate al muro, guarda i cartoni animati. In questi giorni la porto pochissimo sull’altalena, perché la bora è implacabile. Ci sono persone autistiche che si sono adeguate, altre lo stanno facendo più lentamente e altre ancora a cui questo lungo periodo sta creando grossi problemi. Le generalizzazioni non vanno mai bene ed è per questo motivo che non mi stancherò mai di ripetere che quando parlo di autismo, parlo di Ariel, senza alcuna pretesa di estendere il nostro vissuto al resto del mondo.
Mi infastidiscono i commenti di chi sa tutto: noi italiani siamo i massimi esperti in ogni disciplina, mai una volta che avessimo l’umiltà di dire “Non lo so, non so che cosa farei al suo posto”. Abbiamo sempre consigli ed opinioni su tutto, riusciamo ad interpretare ogni disposizione a nostro uso e consumo consigliando agli altri di “studiare l’italiano” attaccandoci alla punteggiatura, quella maledetta!, che osa dare un senso diverso ad un periodo. Le virgole sono le peggiori, sembra quasi che i politici le buttino lì a caso, per il gusto di mettere in crisi le nostre sinapsi già deteriorate dalla noia.
Per fortuna la settimana goliardica dei balconi si è chiusa senza eccessivo clamore: estinta come l’entusiasmo delle persone che finalmente hanno iniziato a capire che c’è ben poco da ridere, quando decine di camion partono dalla Lombardia con le salme di persone morte sole, senza l’abbraccio dei parenti, senza un funerale. Penso sopravvissuti, a chi ha perso un caro in questo momento, al senso di vuoto che avranno sempre tra le braccia, al rimpianto di non essere stati là a tenergli la mano.
La quarantena non è un premio vacanza, la quarantena è un modo per tutelare tutti noi da quel nemico invisibile e stronzo che sembra divertirsi alle nostre spalle.
Potrei continuare a lagnarmi per giorni e non ne ho voglia, non mi piace fare la lagna, ma non mi piacciono le diatribe del cazzo che ho letto nell’arco degli ultimi dieci giorni:
Nord contro Sud e viceversa;
Runners contro Restodelmondo;
Neurodiversi (e loro famiglie) contro Neurotipici perché “noi abbiamo sempre vissuto così”;
Le Aziende aperte contro le Aziende chiuse e viceversa…
Dipendenti contro Partite IVA;
Genitori contro Tutti “perché io cosa gli faccio fare a questi tutto il giorno?”;
Padronidigatti contro Padronidicani “perché anche Micio deve poter essere sceso a fare la pipì”;
La Bora contro la Primavera “perché tu ti credevi di essere arrivata e invece ti faccio vedere io chi è che comanda!”;
La Terza Autocertificazione contro la Seconda “perché io so più cose di te, anche da dove partono e dove arrivano!”
E potrei continuare per giorni. Dal divano del mio soggiorno assisto quotidianamente alla guerra dei poveri, mentre un virus armato di corona semina morte e dolore in tutto il mondo.
Io non ho tempo per tutto questo ed eccomi di nuova a
“Ognun al sint al sô mâl”.
Io non pretendo di capire le vostre sofferenze e sono altrettanto certa che voi, giustamente, non possiate capire le mie o quelle di chiunque altro. La mia vita è unica come lo sono le vostre e, nonostante l’empatia e la sensibilità che ognuno di noi ha, una vita per essere compresa, deve essere vissuta. Alla fine è solo questione di prospettive personali.
Questo non è il momento delle diatribe, non è il momento delle offese o delle cazzate, questo è il momento di portare rispetto per tutti coloro che combattano per la propria vita e per chi combatte per la vita degli altri, di chinare la testa di fronte a chi non c’è più e al dolore di chi ha perso parenti ed amici, di rispettare le regole senza egoistici colpi di testa e di raccogliere le forze per quando tutto questo sarà finito e dovremo rialzarci per far ripartire la nostra Italia.
Questo sbrodolo in risposta a tutti coloro che quotidianamente sono così gentili da chiedermi perché sono sparita e che ringrazio davvero molto: di salute stiamo bene ed è la cosa più importante, ma me ne sto sulle mie, perché i social in questo momento fanno più male che bene e se fosse per me, oltre alle porte e ai balconi, ai parchi giochi, ai negozi ed ai caffè, farei chiudere pure le finestre di Windows.
