Davide · Il mondo intorno a noi

Figlio

Figlio, in questa lunga notte senza di te, il mio pensiero ti è più vicino che mai.

Ripenso al tuo dolore dei giorni scorsi e sono combattuta: ti devo dire le cose come stanno o ti devo proteggere?

Sono una madre imperfetta di un figlio imperfetto.

Per fortuna.

Non saprei gestire la perfezione come coloro che guardano insistentemente al di là dell’essere umano che hanno generato e vanno dritti per la loro strada di beatitudine, senza porsi mai un dubbio, mai.

Se dovessi essere onesta con te, ti dovrei spiegare che alcune persone ti saranno amiche solo finché gli tornerai utile, dopodiché si scorderanno il tuo numero di telefono, fino alla loro prossima necessità. Questo, purtroppo, lo stai imparando da solo e il tuo dolore diviene mio.

Dovrei aiutarti a capire la sottile differenza tra educazione e gentilezza e insegnare che taluni meritano solo la prima, che non deve mai fare difetto, mentre la seconda deve essere riservata unicamente a chi ti tratta con rispetto.

Ti dovrei inculcare che ad un torto si risponde con un torto, perché in questo mondo dell’effimero conta più sentirsi fighi e forti, tutti uniti contro uno, piuttosto che cercare di comprendere le difficoltà altrui.

Dovrei dirti suggerire di pensare a te stesso, perché tu hai già abbastanza difficoltà da gestire e di non soffrire per i problemi di persone che reputi amiche, ma che in realtà non lo sono.

Invece ti dirò tutt’altro.

Le ore sono passate lentamente e in questa mattina grigia di pioggia, ti dirò quello che ho visto ieri e deciderai tu come comportarti con loro.

A dodici anni sei troppo grande per trattarti da bambino piccolo, ma troppo piccolo per soffrire come un adulto. È ancora mia responsabilità di madre aiutarti a crescere in modo sano con valori che reputo fondamentali e al bisogno aiutarti a comprendere, almeno finché me lo concederei, almeno finché non camminerai da solo davanti a me, troppo spedito per poteri raggiungere. A quel punto io ti seguirò con lo sguardo e ti lascerò andare, ma tu saprai che io sarò sempre qua per te.

Così oggi ti dirò che essere gentili fa bene all’umanità e se la tua gentilezza verrà scambiata per mollezza di carattere, fregatene: ciò che conta è addormentarsi sapendo di avere fatto del proprio meglio per rendere questo mondo un posto migliore.

Ti suggerirò di non metterti in competizione con nessuno. Faulkner ha scritto: “Non cercare di essere migliore degli altri, cerca di essere migliore di te stesso” e soprattutto non pensare di poter cambiare chi ti è accanto. Puoi aumentare la consapevolezza delle persone, non la loro natura, a meno che siano loro a volerlo. Focalizzati su di te: costruisci il miglior te stesso possibile, impara dai tuoi errori, cerca di avere fiducia nelle tue capacità e ricordati che sono gli errori che ci aiutano ad imparare. Non ambire, però, alla perfezione, è una meta irraggiungibile: le virtù conformano la natura umana, i difetti la diversificano. Il nostro compito è cercare di risolvere i nostri comportamenti che possono ferire gli altri e sminuire noi stessi.

A questo punto, probabilmente, ti farò un esempio, di quelli sciocchi che ti fanno ridere tanto e, poi ti chiederò di essere sempre aperto al mondo: se vedi una persona in difficoltà, dovrai aiutala sempre e comunque, sia essa amica o meno. Tempo fa, dopo aver consumato un cappuccino al bar del paese, mi resi conto di aver scordato il portafoglio a casa: l’indifferenza dei presenti di fronte al mio palese smarrimento, mi mortificò. Nonostante tutto se le stesse persone oggi dovessero essere nella mia situazione di allora, offrirei loro il caffè.

Abbracciandoti ti spiegherò che ad un torto subìto non si risponde con un torto, ma, se riterrai le persone degne della tua fiducia, potrai cercare un confronto, perché a volte la nostra interpretazione del mondo è diversa da quella degli altri.

Se, invece, sarai tu a far soffrire qualcuno, dovrai chiedere scusa. Potresti non venire perdonato, le tue scuse potrebbero essere usate contro di te, ma devi imparare a farti carico delle tue responsabilità: potrai avere mille giustificazioni, ma i nostri errori non sono sempre colpa “degli altri” e comunque non è il mondo che deve pagare le nostre difficoltà.

Le persone forti sono persone che la vita ha messo spesso in ginocchio e che ogni volta si sono rialzate, nonostante il dolore, nonostante la fatica. In altre parole: le persone forti sono spesso esseri umani a cui la vita non ha fatto sconti.

Certo, vorrei per te una vita leggera fatta di pranzi al centro commerciale con amici veri, che sappiano apprezzare le tue qualità e sorvolare sui tuoi difetti, ma non è ancora il momento per te.

Un giorno arriverà, ma non era ieri.

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Davide · La famiglia "autistica"

È mio figlio!

“Ho fame!”

“Strano. Non succede mai che tu, abbia fame, Davide. Un adolescente affamato è una cosa così strana che non riesco proprio ad immaginarla”, penso e intanto metto la pentola sul fuoco.

“Mamma, ho fameee!”

“Sto preparando i ravioli. Tra due minuti sono pronti.”

“Ma io ho fame adesso.”

“Hai delle gambette a km 0 accessoriate di scarpe ginniche nuove di zecca, nonché due braccia e due mani con ben dieci, e dico dieci!, dita di cui due pollici opponibili. Ora, per ovvie ragioni, non ti darò arco e frecce per andare a caccia di fagiani sugli argini del Torre, ma sei libero di procacciarti il cibo qua in casa.”

“Perché per ovvie ragioni?”

” Perché piove.”

“Ah. Pensavo perché non li abbiamo.”

“Pur di farti stare zitto, te li costruirei io con plastilina e gommapane, ma piove.”


Troppo silenzio.

Non rimbecca più.

“Davide?”

“Sì?”, a bocca piena.

” Davide! Cosa stai mangiando?”

“Niente…”

“Da vi dèeeee!”

Ha aperto l’ultimo uovo di Pasqua e se lo sta mangiando.

È TUTTO SUA MADRE.

C’è ancora speranza di non essere stata solo un’incubatrice!

Ora ho solo due problemi:

1. Il criceto che ha trovato come sorpresa e che mi ricorda i criceti che ho in testa;

E soprattutto

2. Devo recuperare un altro uovo di cioccolato, visto che questo contavo di mangiarmelo sul divano dopo cena guardando “L’ammiratore segreto”.

Chissà se li trovo ancora al supermercato o se stanno già esponendo le zucche di Halloween?

Maledetti criceti!
La mamma "autistica"

Criceti

Lei. Lui. Lei. Lui. Lei. Lei. Lui.

I loro respiri si alternano pesanti nel sonno anche se quelli di Lui sono un più lunghi di quelli di Lei e così Lui ne perde uno ogni due di Lei.

Io li ascolto, mentre questi maledetti criceti che ho nel cervello continuano a sbattersi contro gli uni gli altri e il mio cuore accelera, mentre la pressione fluttua su e giù, la percepisco dal ronzio delle orecchie e dal fuoco che mi sale alle guance.

Vorrei dormire. Non riesco.

Vorrei trovare soluzioni. Non posso.


Vorrei avere uscire dal letto. Impossibile.

Lui ha deciso che stasera mi deve consolare e che, pertanto, devo mettermi nel letto tra di loro. E così eccomi qua bloccata da un braccio di Lui e avvinghiata da una gamba di Lei.
È sempre più difficile nascondere le cose a Lui, a Lei non è mai stato possibile: Lui sta crescendo troppo in fretta, di questo passo, alla fine dell’estate sarà più alto di me e la sua capacità di introspezione fa sì che riesca a cogliere ogni minima sfumatura delle mie espressioni; l’istinto di Lei, invece, è così ben modulato da essere lo specchio dei miei stati d’animo.

Sarebbe facile dire che sono preoccupata per Lei, addossare all’autismo questa ennesima, eterna notte in bianco. Sarebbe facile, ma non veritiero e rispettoso di Lei.

In questo momento i criceti fanno a pugni tra di loro, i maledetti! Cerco di separarli, di dare loro un nome, un’identità, una priorità.

Potrei usare i codici a colori come in Pronto Soccorso:
– Criceto bianco: può aspettare anche qualche giorno.
– Criceto verde: può aspettare anche dopodomani.
– Criceto giallo: deve essere risolto domani.
– Criceto rosso: deve essere risolto prima possibile, anche subito.

Peccato che il criceto rosso di stocazzo (forma aulica di origine basso medievale) non dipenda da me e che io debba stare qua ad aspettare che i professionisti facciano il loro lavoro.

Intanto ogni secondo che passa, io muoio un po’ e cerco di acchiappare criceti impazziti.

Gli altri tre roditori sui quali potrei avere maggiore controllo, si rifiutano di rientrare nelle loro ruote: “Quello rosso! Prima devi acchiappare quello rosso!”, protestano.

Così eccomi qua: sveglia, stanca, depressa, rabbiosa, ansiosa a cercare di domare pensieri e situazioni imprescindibili dalla mia volontà.

Intanto Lui ha spostato il braccio, Lei ha cambiato fianco.

Lancio kitemmuort a tutti quelli che mi hanno messa in questa situazione di ansia e, come un furetto artritico, esco dal letto e al buio vado in cucina. Metto su il bollitore, ma lo sostituisco in fretta, perché sia mai che il fischio svegli quelle due splendide creature che mi hanno invaso il letto.

Sciolgo una… anzi, facciamo due buste di melatomilla con uno… anzi, facciamo due cucchiai di zucchero e mi metto sul divano al buio a sorseggiare la camomilla in compagnia dei criceti. Loro stanno rallentando, la mia ansia no.

Dovrei prendere le goccine buone, ma cerco di resistere, non voglio un aiuto chimico. Voglio solo che per una volta, per una sola volta le cose vadano dritte senza intoppi, ma nella mia vita questo non pare essere possibile.

Oggi sono stata lì lì per mollare. Ieri ho avuto davvero pensieri brutti, ma poi ho pensato a Lui che mi diceva: “Mamma, tu non molli mai!” e a Lei che mi sorride fiduciosa guardandomi da sotto in su.

Io non mollo mai.

Non mollerò nemmeno questa volta, non posso deludere Davide, non posso tradire Ariel, ma una tregua, perdìo, ho bisogno di una tregua.

Immagine dei criceti che prendono la camomilla con me – Fonte web
Davide

Anche senza di me

Ci sono esperienze che avremmo dovuto fare come famiglia, noi quattro insieme.
Invece le cose sono andate diversamente e questa fotografia mi spezza il cuore, perché avrei voluto essere lì con voi.

Non voglio dire “così va la vita!”: qui il destino non c’entra, questo è libero arbitrio.

Raccolgo le lacrime in un fazzoletto e mi faccio consolare dalla consapevolezza che ti sia divertito dopo giorni di profonda tristezza.

Anche senza di me.

E se questo cordone che ci lega va tagliato, spero che sia indolore.

Soprattutto per me.

Davide a spasso con dei fantastici cagnoni
La mamma "autistica"

Un morso di felicità

Quando i bambini sono con il padre, la mia mente vola e spesso i luoghi che frequenta non sono quelli che vorrei.

Così stamattina ho ripensato con grande sofferenza all’anno appena concluso e chiuso definitivamente i conti con gli ultimi dodici, densi, pesanti 12 mesi.

Ho preso un foglio, ovviamente a righe con i margini, e ho scritto tutte le cose brutte che sono successe in quel miserabile anno che è stato il 2021 e l’ho bruciato nel caminetto, acceso in attesa dell’arrivo dei miei ragazzi.

Poi mi sono seduta qua sul divano con il portatile e ho deciso di seguire il consiglio di Hemingway:

“Ora non è il momento di pensare a quello che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che hai.”[1]

e ho iniziato a elencare le cose che mi hanno aiutata ad andare avanti giorno dopo giorno:

La prima vacanza del nuovo triangolo famigliare;

Ariel che dice per la prima volta “mamma”;

Davide che dà prova di grande forza di carattere rimanendo il ragazzino dolce di sempre;

Baloo che mi fa compagnia notte dopo notte;

Il primo viaggio di Ariel con lo scuolabus;

La gentilezza di uno sconosciuto in cassa al supermercato;

La mia famiglia che, nel momento più buio, mi è stata vicina e accolto la mia richiesta di non intervenire in alcun modo;

Una nuova amica che ha sempre una seggiolina pronta per Ariel;

Amiche che portano sempre pasticcini e parole di confronto ché il conforto da solo a volte non basta;

Amiche del passato che, nonostante la vita le abbia messe duramente alla prova, non si spezzano mai e mi aiutano a capire che insieme ce la possiamo fare;

Amiche lontane che il cuore sente vicine, che mi conoscono più di quanto io stessa sia disposta ad ammettere, che mi fanno arrivare sciarpe che abbracciano, tazze con messaggi tutt’altro che subliminali e un kit, acqua compresa, per fare il miglior caffè del mondo, in attesa di prenderne uno insieme al tavolo 22 del Gambrinus;

La mia panchina al mare;

I libri letti e, soprattutto, quelli ancora da leggere;

La consapevolezza che, nonostante tutto, mi basto e che valgo più di quanto qualcuno pensa, anche se meno di quanto vorrei;

Un nuovo inizio pieno di incognite, ma stimolante come la primavera che arriverà presto.

Festeggiamo il Capodanno come gli antichi Romani i quali il Primo gennaio onoravano Giano, il dio bifronte che con una faccia guarda il passato, con l’altra il futuro.

In questa seconda giornata di un nuovo anno, voglio prendere la speranza rimasta sul fondo del vaso scoperchiato da Pandora nel 2021 e guardare avanti, perché il passato è maestro, ma il futuro è vita.

Ora vi saluto, perché sono finalmente arrivati i miei portatori di amore e gioia e ho bisogno di un loro abbraccio e di un morso di serenità, la stessa che auguro a tutti voi e che troppo spesso viene sottovalutata da chi è alla ricerca della felicità e che, invece, è molto ambita da chi, come me, agogna ad un cielo privo di nubi.

Photo by Pavel Danilyuk on Pexels.com

[1] Ernest Hemingway, Il vecchio e il mare

La famiglia "autistica"

Baloo

BALOO

In questi mesi, ogni volta che i bambini  sono con Luca, mi metto in auto e girovago pur di non sentire l’eco in quella grande casa vuota. Unicamente il pensiero di lui, solo, mi riporta indietro.

Quando siamo noi due da soli, sentendo il mio bisogno di calore, abituata ad avere Ariel e Davide a “proteggermi”, dorme stretto stretto vicino a me, ancora più del solito, sfruttando la sua condizione di figlio unico.

Adoro quando me ne sto sul divano con un libro e lui, steso sullo schienale modello Sfinge, fingendo la massima indifferenza, apre la bocca e guardando in giro, lascia cadere la sua pallina sulle mie gambe. Mi guarda con il muso del: “Toh, chissà come è finita lì… Se ci tieni, puoi fare due lanci e io ti accontenterò rincorrendo la palla.”

A volte sembra più un gatto che un cane e non passa giorno che non ringrazi il momento in cui sono entrata in casa con lui in braccio, nonostante l’opinione contraria di chi sei mesi fa ha deciso di uscire da quella porta.

Grazie, Baloo, di esserci.

Adesso facciamo colazione, caffè per me, snacky snacky per te, e poi aspetteremo insieme il ritorno dei tuoi rumorosi fratelli.

Baloo vi offre un kaffèèè che preparerò io, perché non sa ancora usare bene la Nespresso
Davide

Pizza e baracconi

Davide ha ereditato gli occhi dal padre e la bassostima dalla madre. È un ragazzino dolcissimo, molto attento agli altri, ma profondamente inconsapevole delle sue qualità e quindi ben lontano dall’essere un maschio alfa. Non si sente mai apprezzato dagli amici e pensa di essere sempre molto solo.

Venerdì al ritorno da scuola mi ha detto di avere diversi i biglietti per i baracconi e di aver preso più “air fly” possibili per Ariel anche se, cito, “pochi hanno voluto fare scambio con me”.
Il suo primo pensiero è sempre per quella sorella troppo impegnativa ed egocentrica e che può coccolare solo mentre dorme.

Istintivamente avrei voluto subito dargli una spiegazione razionale e ottimista che non fosse riconducibile a se stesso, bensì al valore dato a quel tipo di attrazione. Poi, però, ho capito che voleva solo essere ascoltato e compreso e nessuno al mondo può capirlo meglio di me.

No, non in quanto madre, ma di ex bambina complessata e sola e che si sentiva ignorata dal mondo.

Così l’ho abbracciato e lasciato sfogare. Quando si è rasserenato, abbiamo cercato insieme una chiave di lettura diversa alla situazione e, come al solito, ha dimostrato di essere un ragazzino fin troppo assennato e maturo.

Ieri pomeriggio, subito dopo la partita, sarebbe dovuto tornare a casa con me, perché Ariel, che era dai nonni, iniziava ad essere insofferente (sta attraversando una brutta fase, ma questa è un’altra storia), quando alcuni amici gli hanno proposto di restare ancora un po’.

È tornato a casa alle 23.30, entusiasta della serata passata prima in pizzeria e poi alle giostre. Ovviamente sempre sotto la discreta supervisione degli adulti, perché a 11 anni si iniziano a sbattere le ali, ma si è ben lontani dal saper volare.

Benedetti questi “rapimenti di minori” dove un gruppo di persone gentili d’animo prendono un bambino triste e restituiscono alla madre un ragazzino felice!

La bassostima è pressoché incurabile, ma con le persone giuste a fianco anche i momenti più difficili si possono affrontare con un pizzico in più di serenità e una manciata in meno di tristezza.

E oggi il bicchiere di Davide è finalmente colmo di chiacchiere, palloni, pizza e autoscontri, il mix perfetto per una giornata perfetta per ogni undicenne.

Foto di Elina Fairytale da Pexels
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Quello che resta

Una Coca-Cola sgasata,
una macchinina sbucciata,
Un calzino sporco sul divano,
Un cucciolo triste sotto al mobile,
Una tazza sbeccata nel lavandino,
Un cucchiaio di San Galgano conficcato nel gelato,
Un’eco di voci lontane,
Una goccia di assenza sulla guancia,
Due braccia vuote.

Baloo triste in attesa del ritorno di Davide e Ariel
Ariel · Il mondo intorno a noi

Competenza e amore

Quando ero bambina (e forse pure adesso) in paese c’erano delle figure che ricevevano rispetto a prescindere: il maestro, il medico, il farmacista, il sindaco, il maresciallo dei carabinieri, il sacerdote.

A costoro venivano attribuite caratteristiche personali sulla base della loro professione: il maestro è paziente, il medico è compassionevole, il maresciallo è rigoroso, il prete è un modello di virtù.

Le notizie di cronaca, invece, a volte mostrano come, purtroppo, questi possano essere solo falsi miti: il lavoro è lavoro e le professioni non qualificano le persone.

Anche se…

Anche se per alcune professioni ci vorrebbe più di tutto: più dedizione, più amore, più rispetto, più generosità. Soprattutto quelle che hanno a che fare con bambini, anziani, disabili.

A gennaio un professionista ha deciso di chiudere il rapporto con noi, perché Ariel non raggiungeva gli obiettivi che aveva stabilito. Se da un lato posso capire la frustrazione di chi non riesce ad avere la gratificazione professionale che si aspetta, dall’altro trovo incomprensibile mettere fine alla riabilitazione solo perché il paziente non raggiunge le aspettative prefissate. Sì, certo, il professionista è stato corretto, avrebbe potuto continuare ad andare avanti all’infinito spillando soldi, ma quanto vale il piacere di Ariel di sentirsi competente?

In questo breve video vedrete Ariel che cerca di dire le lettere dell’alfabeto: da giorni guarda questo cartone animato e prova insistentemente a cantare. Probabilmente sente di perdere competenze sulla vocalizzazione e cerca di porvi rimedio come può, mentre la mamma cerca di trovare una sostituta competente e amorevole, una brava persona che sia anche una brava professionista. Per me amorevole non significa che debba dispensare baci e abbracci, ma che ami il proprio lavoro e il genere umano e ne rispetti le diversità senza volerle conformare agli standard della norma, che accolga i fallimenti con serenità e gioisca dei piccoli progressi.

La Princess potrebbe non raggiungere gli obiettivi decisi per lei, ma, per chi ha un cuore, il suo impegno dovrebbe essere sufficiente per non deporre le armi e continuare a crescere insieme.

Un bravo professionista, e ce ne sono davvero molti, deve avere sia competenza che amore e rispetto per il prossimo, altrimenti è solo un mercenario o peggio: in fondo anche Mengele era un medico molto stimato ai suoi tempi.

Davide sta ricevendo molto supporto da una figura che lo sta aiutando a gestire la situazione, a trovare un equilibrio e lo fa ascoltando con dedizione e affetto la sua voce di bambino, mettendosi a sua disposizione, rispettando le sue caratteristiche di persona. Di lei mi fido, so che quando sono insieme Davide si sente accolto e apprezzato per ciò che è.

Alla luce delle ultime esperienze,  ho giurato a me stessa di trattare tutti i professionisti con educazione, di rispettare chi è preparato e di dare fiducia solo a chi dimostra di tenere ai propri utenti: le conoscenze si acquisiscono, il cuore no.

La mamma "autistica"

Ti ricordi?

Ti ricordi quando tuo figlio emetteva i primi suoni?

La la la
Ma ma ma
Pa pa pa

E tu correvi da lui dicendo: «Bravo! Hai detto “mamma”! Diciamolo ancora insieme… Mam-ma… Mam-ma!», lo prendevi in braccio facendogli mille coccole e il solletico e lui, ridendo di gioia, ricominciava con “ma ma ma”.

Ora ripensa all’altra creatura che hai portato in grembo per 9 mesi e di cui conoscevi l’esistenza ben prima della positività del test.

Lei non ha mai fatto “la la la, ma ma ma, pa pa pa”.

Da piccola non indicava un oggetto dicendo “QUELLLLO!” e guardandoti con insistenza finché non glielo davi. No, lei si arrampicava sulla vetrina e, mettendosi spesso in situazioni di pericolo, cercava di arrangiarsi da sola e tu, all’inizio, era pure orgogliosa della sua indipendenza.

Finché, iniziando a confrontare le tappe dello sviluppo dei tuoi pargoli, hai visto che le differenze erano troppe e la lallazione non arrivava mai.

Così, come sapevi che lei c’era anche quando tuo marito diceva “È troppo presto, non puoi saperlo!”, allo stesso modo, quel filo invisibile che ti lega a lei, a loro, ti ha fatto capire che il tuo essere madre non sarebbe più stato lo stesso, non migliore, non peggiore, solo diverso.

Sicuramente più sofferto, soprattutto all’inizio, ma, dimmi, quale madre non soffre per i figli?

Alcuni sostengono che una madre nasce con il primo figlio. Io non sono d’accordo.

Una madre nasce milioni volte:

con le due lineette rosa
con la prima nausea del mattino,
con il primo calcio che ti toglie il respiro,
con la prima voglia di cetrioli e gelato,
con le lunghe ore in sala travaglio,
con i punti contati in silenzio mentre stringi il tuo piccolo al seno,
con il suo primo sorriso,
con la lallazione,
con i primi passi,
con il primo calcio alla palla,
con le prime parole stentate,
con la prima pappa sputata dritta sulla tua faccia,
con il primo bagno al mare,
con lo stupore dell’erba sotto i piedi
con le notti in bianco per le coliche e per i primi dentiti,
con le ninnenanne stonate,
con la prima pipì nel vasino,
con il primo regalo per la festa della mamma,
con il primo amore,
con la prima poesia recitata tutta d’un fiato,
con la prima bicicletta
con il primo voto a scuola,
con la prima notte a casa degli amici,
con l’esame di maturità e tutti gli esami all’università,
con la prima delusione d’amore,
con la patente,
con il giorno del matrimonio,
con il primo nipote…

Tutte le prime volte ti rendono mamma, sia quelle gioiose, ma anche quelle dolorose.

Tutte le prime, ma anche le seconde, le terze, le quarte… Un’infinità di volte in cui guardando i tuoi figli penserai:

HO DAVVERO DATO IO LA VITA A QUESTA CREATURA MERAVIGLIOSA, COSÌ SIMILE A ME, COSÌ DIVERSA DA ME?

Oppure lo consolerai carezzandogli la testa e sussurrando: “So che stai male, lo capisco, ma anche se ora ti sembra impossibile, starai bene”, mentre dentro di te pregherai: “Dio, non farlo più soffrire, colpisci me, ma fa stare bene lui”.

Mamma mille volte al giorno, gioendo e soffrendo con loro, che sia per un ottimo risultato a scuola o per un “Co Ca” sussurrato a 8 anni, per un amico che ti ha deluso o per un Meltdown.

Una mamma è la creatura più poliedrica e adattabile del mondo, in grado di passare dal riso al pianto, dall’incitamento alla consolazione nella frazione di un secondo, semplicemente guardando quei figli che ha di fronte e adattandosi al loro stato d’animo.

Te lo sei ripetuta mille volte: non ci sono mamme speciali, ci sono mamme che amano i priori figli ogni giorno della loro vita.

Ti auguro di avere sempre la forza di sorridere e di rialzarti, anche quando vorresti solo piangere, e di essere abbastanza di tutto per loro, soprattutto nei momenti in cui sarai niente per te stessa e per il resto del mondo.

Buona Festa della Mamma, Katy, ma ricorda: questo è un giorno, ma tu sei mamma tutto l’anno!

Fare la mamma non è un lavoro, è la più grande gioia della tua vita e lo fai, lo sei ogni giorno e lo sarai sempre, fino al tuo ultimo respiro e oltre.


(Immagine di repertorio di un anno fa quando il problema più grande erano i capelli selvatici)”

(Katjuscia Zof)

Fotografia di repertorio di un anno fa quando il problema più grande erano i capelli selvatici