Accovacciata dietro a te, cerco di guardare il mondo con i tuoi occhi.
Occhi azzurri, a volte spalancati, a volte strizzati.
Cosa ti piace? Cosa ti infastidisce? Cosa ti colpisce?
Ti vedo osservare i bambini che giocano, le manine alzate che si muovono veloci come farfalle. La bocca spalancata in un vocalizzo, in un grido di speranza: “Ci sono anch’io! Giocate con me, non so come si fa, ma se mi rincorrerete per qualche minuto, sarò felice a lungo.”
Strizzi gli occhi al sole che tramonta riflesso sul metallo delle auto, imprigionato nelle gocce umide che rivestono le panchine del piazzale.
Sulle spalle di papà, i tuoi occhi seguono le bandiere bianche e rosse che volano sopra le nostre teste. Ti diverti, ti piace il movimento leggero che fanno. Quando le riprendono, batti le mani.
Dall’alto cogli un passo lento, ma deciso, qualcosa di bianco e nero che si muove sotto di te. Decidi di afferrarlo. La vigilessa trattiene il cappello con un mano e ti sorride.
Al ristorante hai visto qualcosa che non ti piace, che ti disturba. Mentre gli altri mangiano, papà ed io, a turno, ti portiamo a spasso nei veicoli della cittadella medioevale. Mentre cammini osservi i muri grezzi: la testolina piegata di lato, le dita che sfiorano la rugosità della pietra.
Allunghi la mano verso un cagnolino e timidamente lo accarezzi. Lui, colto di sorpresa, ha un soprassalto e tu fai un passo indietro. Goffamente gli porgi un piedino cercando un contatto che nessun altro può comprendere tranne me e te.
Ti fermi davanti ad una pavimentazione a scacchi bianchi e neri. Inizi a saltellare solo sui quadrotti scuri, in una danza rituale che solo tu conosci.
Camminiamo mano nella mano, quando vedi dei gattini in una cesta e ti divincoli. Li vorresti accarezzare, ti piacerebbe toccare quei morbidi peluche esposti nel negozio di souvenir, ma qualcosa rapisce nuovamente il tuo sguardo e ti allontani di qualche passo. Ti vedi riflessa nella vetrina e appoggi il palmo della mano al vetro cercando riacchiappare te stessa, quella tua essenza che sfugge continuamente a tutti noi.
In chiesa ti affascina il movimento lento della stampella a cui si appoggia l’anziano signore. Ti blocco un istante prima che tu gliela rubi. Pericolo scongiurato!
Passeggiamo nei vicoli stretti da tante ore, ormai. Sei stanca, lo siamo tutti. Guardiamo all’interno dell’edificio e vediamo una signora che cammina a passo veloce sul tapis roulant, ma a te non interessa: tu hai colto lo scarlatto del divano nell’ingresso della palestra e hai deciso che lo vuoi provare. Lottiamo un po’ per portarti via e cerchiamo un bar in cui poterci sedere. Ormai abbiamo capito: vuoi un posto con un divano dove stendere le tue gambe doloranti.
Il mondo visto con i tuoi occhi è un luogo nuovo, imprevedibile, in cui tutto può creare gioia e sorpresa, ma anche dolore e fatica.
I tuoi occhi sono speciali: azzurri come quel cielo che vorresti afferrare seduta sulle spalle di papà.