Da bambina volevo fare la hostess, volare intorno al mondo e scoprire luoghi magici e lontani.
Da ragazzina volevo fare la guida turistica, accompagnare le persone a visitare i luoghi più belli della Terra, aiutarle ad apprezzare la bellezza e l’unicità di ciò che avrebbero visto.
Da neodiplomata sognavo un lavoro in agenzia: volevo rendere felici le persone organizzando viaggi che regalassero loro ricordi lunghi una vita.
Non ho mai fatto nulla di questo, per lavoro intendo: il piacere del viaggio è una delle poche cose che accomuna noi Apollonio, con l’eccezione di Baloo che preferirebbe stare a casa a dormire sul divano.
Davide mi ha confidato che da grande vuole inseguire il mio sogno che ora è il suo: viaggiare e volare intorno al mondo, fare la guida e conoscere ogni angolo di questo nostro meraviglio pianeta.
E Ariel? Ariel si chiude in una stanza e guarda la polvere filtrare dalle finestre, gioca con l’ombra delle saracinesche e sogna.
Cosa sogna? Non lo so.
Un genitore fin da subito inizia a immaginare il futuro dei propri figli.
Una diagnosi (qualunque essa sia) cambia questo futuro e i genitori sono costretti a rivedere le proprie aspettative, quei sogni che erano suoi e non della persona che hanno messo al mondo.
Anche una diagnosi di autismo ha questo effetto su noi genitori: cambia il futuro che avremmo desiderato per le nostre creature.
Come scrissi qualche tempo fa, la percezione che abbiamo vivendo le situazioni da spettatori piuttosto che da protagonisti è completamente diversa: mio marito va al lavoro sereno, sa i rischi che corre e cosa lo aspetterà, ha fiducia nelle proprie capacità, conosce i propri punti di forza e i propri limiti; io, invece, vivo in un perenne stato d’ansia per lui, perché posso solo immaginare quello che vivrà e vedrà durante la sua giornata in ospedale.
Con Ariel è la medesima cosa: quando non soffre per eventuali sovraccarichi sensoriali o non è frustrata per i suoi limiti comunicativi, quando ed è libera di essere se stessa, sta bene ed è serena, si piace e si vede da come si guarda soddisfatta allo specchio; io, invece, sto imparando un po’ alla volta a spogliarmi di ansia e dolore, per lasciare spazio all’amore… Già l’amore…
Un lettore del mio blog ha commentato l’articolo “CHI È L’AUTISMO?” con queste preziose parole:
Le persone che vorrebbero comprenderci sono quelle che ci vogliono bene, e purtroppo quel loro volerci bene, quelle emozioni così forti, gli rende quasi impossibile comprenderci, a volte persino accettarci (non è raro che degli ND suscitino profonde reazioni negative in genitori di altri ND).
E questa cosa secondo me è vera per tutti.
Per voler essere il più vicino possibile ad una persona devi volergli bene, tanto.
Ma questo voler bene, impedisce di vedere realmente la persona a cui vogliamo stare vicino.
È un gioco complicato, che richiede di guidare le emozioni con la ragione, e la ragione con le emozioni.
Perché, almeno per me, è impossibile volere realmente il bene di una persona, se non sai chi quella persona realmente è.
Caro Gius DB, hai ragione: di fronte ad una diagnosi un genitore deve fare un percorso di crescita personale, eliminare molto (dolore e a volte amore) per arrivare all’essenza e capire che la “normalità” è il concetto più astratto nella vita di ognuno di noi e che i nostri figli, indipendentemente dal funzionamento neurobiologico, devono seguire un loro percorso di crescita personale e realizzare i loro sogni, non i nostri.
Quindi…
Cosa sogna Ariel? Sicuramente non di fare il Pubblico Ministero come avrei desiderato per lei, più probabilmente vuole battere il record mondiale di volo con l’altalena.
E in questa primavera di quarantena, dove tutto il mondo è a rovescio, tranne la natura che continua a fiorire nonostante tutto, va benissimo così: Davide volerà intorno al mondo, Ariel acchiapperà le nuvole salendo sempre in più in alto.
Ognuno vola a modo suo.
Ciao sono Viviana la mamma di Alessandro che come Ariel vive in un mondo tt suo che faccio spesso fatica a capire. Conosco da poco il tuo blog. Mi piace perché spesso nei tuoi pensieri trovo i miei. Anche io ho dovuto rivedere tutti i sogni che avevo fatto per lui. A volte vederlo felice a caccia di pozzanghere (il suo sport preferito!) fa quasi invidia tanto è felice nel farlo. Io ho avuto da nn molto tempo la diagnosi anche e già da sola avevo capito. Sto ancora cercando di superare il dolore. A volte è più facile altri gg più difficile ma ci sto lavorando e ti ringrazio perché leggere le tue parole aiuta molto a nn sentirsi soli. Un abbraccio
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Ciao Viviana, prenditi tutto il tempo e non pensare che nel dolore ci sia qualcosa di sbagliato. Fallo sfogare, lascialo uscire tutto: alla fine troverai quella consapevolezza che ti farà amare il percorso di tuo figlio, qualunque esso sia (il percorso, perchè le nostre creature le amiamo già intensamente). Io ci ho messo molto a venire a patti con me stessa, a volte inciampo ancora, ma va meglio. Crescono e stanno meglio e noi cresciamo con loro. Un forte abbraccio a te e ad Alessandro.
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