Mi sveglio di soprassalto con Baloo che abbaia alla porta delle scale.
Stiamo ristrutturando casa e stanotte dormiamo in soggiorno: Ariel si è infilata a letto ridendo, mi ha abbracciata e intrecciato forte la sua mano destra alla mia. Ha sorriso e mi ha augurato la buona notte a modo suo.
Luca entra piano, lo guardo e affermo: “Ti hanno chiamato…”
“Sì, a mezzanotte per un trasferimento a Cattinara”, mi risponde mentre va cercare ristoro per le ultime ore della notte.
Davide a Ariel continuano a dormire sereni, Davide ha la gamba sinistra sopra alle coperte, trucco geneticamente ereditato dalla sottoscritta per riequilibrare la temperatura nel sonno.
Il vento spira forte da est, sbatte i teli che coprono i mobili, li vedo dalla vetrata: alcuni si gonfiano come vele, altri sono capelli sciolti al vento.
Dalla porta vedo lunghe dite scheletriche allungarsi verso di noi: anche il gelso sta tremando sotto i colpi della Bora.
Da piccola mi sarei nascosta sotto le coperte, ora so che la paura può avere molte facce e che i mostri sono spesso dentro di noi.
Guardo Ariel che dorme a pancia in giù e mi chiedo se sto facendo abbastanza per lei; i progressi ci sono, ma timidi come le viole frustate nel prato.
Immagino i narcisi, nuovamente piegati dal vento. Qualche giorno fa i primi boccioli erano stesi sul muretto e li ho salvati facendoli abbracciare gli uni gli altri: si sono lentamente rialzati, non perfettamente dritti, ma quel tanto che basta per raccogliere la luce del sole e ricominciare a vivere.
Narcisi, esseri umani, poco importa: a volte, quando tira un vento cattivo, solo l’abbraccio di un amico ci può salvare.
E anche se ci rialziamo sempre più fatica e sul corpo portiamo cheloidi arrossati, sapere che c’è qualcuno disposto a condividere il nostro peso per un piccolo tratto di quella lunga maratona ad ostacoli che è la vita, ci può aiutare quel tanto che basta a riprendere forza.
Soprattutto, quando stringendoci forte, ci sussurra all’orecchio: “Niente è ancora perduto! Devi solo ricordarti di respirare.”
