Ariel

Tempi, modi e interessi

Era solo questione di tempo.

Dopo due mesi di attenta osservazione Ariel ha imparato ad usare autonomamente il telecomando su RaiPlay e la televisione è diventata un gigantesco telefono con cui stordirsi di spezzoni di cartoni animati. Me ne sono accorta, perché dalla camera giungeva l’inconfondibile verso istericamente stereotipato che produce quando un episodio di Bing la eccita fuori misura. Quindi ora il telecomando è perennemente nascosto e, come se fosse il testimone chiave del più importante processo della storia contro la mafia, viene continuamente spostato.

Con Ariel è così: se qualcosa le interessa, niente la può fermare. Ci prova e riprova finché arrivava all’obiettivo.

In questi giorni ha imparato a fare le pernacchie: dopo anni di tentativi, il suo leggendario tempismo la porta a sputacchiare nel momento in cui la saliva è considera un’arma di distruzione di massa.

A nove mesi gattonava in giro per casa, si sedeva, quindi si alzava in piedi senza alcun appoggio, si guardava in giro e poi, incapace, di proseguire si risedeva e riprendeva a gattonare. Prove ed errori, prove ed errori, finché un giorno è partita e da allora nessuno è più riuscito a fermarla.

Fin dai primi mesi era estremamente interessata a lettere e numeri: li toccava in attesa che qualcuno glieli verbalizzasse. Poteva passare ore a guardarli e toccarli. Quando ebbe la diagnosi e iniziò il suo percorso, ci consigliarono di non assecondare troppo questo suo interesse, perché al momento dell’inserimento alla scuola primaria, lei avrebbe avuto un eccessivo vantaggio sui compagni e questo l’avrebbe annoiata in classe e avrebbe avuto una crescita disarmonica. Ascoltare quel suggerimento è stato il più grande errore della mia vita e non passa giorno in cui io non mi maledica per la mia ignoranza a quei tempi: è vero che tutti sostenevano che non sarebbe stata un basso funzionamento e che volevamo fortemente credere a questa prognosi, ma abbiamo davvero commesso un errore da principianti. Oggi Ariel non parla, usa poco la CAA e cerca di scrivere. Lettere e numeri, lettere e numeri.

L’altro giorno voleva andare a casa di qualcuno. Purtroppo non riesce ancora a compilare frasi con 3 o più immagini, però… Però una volta consegnata la striscia frase con VOGLIO CASA, basta darle carta e penna e chiedere: “A casa di chi?” e lei scrive il nome della persona, generalmente NONNO o  NONNA. L’altro giorno, dicevo, mi ha strattonato, ha consegnato la striscia frase con VOGLIO CASA e, con mio stupore, ha scritto MATTIA. Correttamente, con due TT! Spiazzata, devo aver impiegato troppo tempo a darle un riscontro, perché è andata a prendere il suo quaderno, ha preso la cartina MATTIA e lo ha riscritto sopra al primo per essere certa di non aver sbagliato. Io ammutolita, lei spazientita: si è giocata il tutto per tutto scrivendo CHICHI con lo sguardo che diceva: “Se non capisci ancora, la 104 la meriti tu, non io!”

Fortuna che eravamo ancora gialli, così l’abbiamo subito messa in auto e siamo andati da mia sorella per premiare (tecnicamente “rinforzare”) la sua richiesta formulata adeguatamente. Ora stiamo lavorando sul compitare VOGLIO CASA + PERSONA sia in CAA che in videoscrittura.

Quello che ho imparato negli anni è che Ariel sa ciò che vuole e che i suoi metodi e tempi di apprendimento non sono i miei: la osservo, cerco di capire cosa le piace e cosa la infastidisce e lascio che sia lei a tracciare la strada. Io la affianco, a volte la seguo, ma non decido più per lei, a meno che il suo comportamento non sia assolutamente dannoso per lei: ora so che un interesse che per me potrebbe non essere funzionale, potrebbe esserlo per lei e, a meno che non la porti a sbattere la testa contro il muro o a situazioni di estrema ansia o eccitazione con battito accelerato e pupille dilatate, la lascio fare. Al massimo stabilisco quanto tempo possa dedicarsi ad una determinata attività per evitare che diventi l’ennesima dipendenza.

Confesso: anche Davide ha sempre avuto mille interessi così forti da assorbire tutta la sua attenzione, ma nessuno mi ha mai detto che dovevano essere disincentivati e, quando vedo che diventano un po’ troppo forti, gli chiedo solo: “Secondo te i tuoi amici riescono a seguirti nella tua conoscenza o dopo un po’ li perdi?” Lui capisce subito e, mantenendo la passione, riduce la condivisione della stessa con le persone che non sono di famiglia che, invece, vengono costantemente interrogate ed aggiornate su geografia, calcio, rally…

A me non piace dispensare consigli, ma mi permetto di darvene uno: se i vostri figli si appassionano a qualcosa, siano essi neurotipici o neuroatipici, lasciateli seguire le loro propensioni personali e non dettate modalità e tempistiche, ognuno “viaggia” ad una velocità estremamente personale. Monitorateli, accompagnateli nel loro interesse, ma non interferite, a meno che non sia davvero indispensabile: quell’interesse potrebbe essere il loro luogo sicuro, il rifugio in cui riequilibrare le loro energie e in alcuni casi potrebbe anche divenire il loro lavoro. Rispettate i loro tempi e le loro modalità di apprendimento: alcuni obiettivi arriveranno subito, altri non arriveranno mai, altri ci potrebbero mettere tantissimo tempo, ma ciò che conta è la serenità dei nostri figli, non ciò che noi ci aspettiamo da loro.

Noi genitori dobbiamo accompagnare, non precedere.

Vado. Ariel vuole vedere un cartone animato e non mi ricordo più dove ho nascosto il testimone… perdon, il telecomando: la mia vita sta diventando una perenne caccia al tesoro il cui premio finale è una pausa di 7 minuti, la durata di un episodio di Bing.

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